Papa Francesco: Motu proprio “Vos estis lux mundi”

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Il nuovo Motu proprio del Papa relativo al contrasto degli abusi, “Vos estis lux mundi”, riguarda “condotte poste in essere” da “cardinali, patriarchi, vescovi e legati del Romano Pontefice; chierici che sono o che sono stati alla guida pastorale di una Chiesa particolare o di un’entità ad essa assimilata, latina od orientale, ivi inclusi gli Ordinariati personali; chierici che sono o che sono stati alla guida pastorale di una prelatura personale, per i fatti commessi durante munere; coloro che sono o che sono stati Moderatori supremi di Istituti di vita consacrata o di Società di vita apostolica di diritto pontificio, nonché di Monasteri sui iuris”. Il Dicastero competente è la Congregazione per la Dottrina della fede, “circa i delitti ad essa riservati dalle norme vigenti, nonché, in tutti gli altri casi e per quanto di rispettiva competenza in base alla legge propria della Curia Romana: la Congregazione per le Chiese Orientali; la Congregazione per i vescovi; la Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli; la Congregazione per il clero; la Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica. “Il Dicastero competente informa della segnalazione e dell’esito dell’indagine la Segreteria di Stato e gli altri Dicasteri direttamente interessati”, dispone il Santo Padre: entro trenta giorni dal riferimento della prima segnalazione, il Dicastero fornisce “le opportune istruzioni riguardo a come procedere nel caso concreto”. Una volta ottenuto l’incarico, comincia l’indagine, di cui è responsabile il Metropolita, il quale, una volta raccolte le informazioni, “qualora si renda necessario sentire un minore o una persona vulnerabile”, è tenuto a farlo “con modalità adeguate, che tengano conto del loro stato”. “Nel caso in cui esistano fondati motivi per ritenere che informazioni o documenti concernenti l’indagine possano essere sottratti o distrutti, il Metropolita adotta le misure necessarie per la loro conservazione”, dispone il Papa. “Il Metropolita è tenuto ad agire con imparzialità e privo di conflitti di interessi”, il monito del Motu proprio: “Qualora egli ritenga di trovarsi in conflitto di interessi o di non essere in grado di mantenere la necessaria imparzialità per garantire l’integrità dell’indagine, è obbligato ad astenersi e a segnalare la circostanza al Dicastero competente”. “Alla persona indagata è riconosciuta la presunzione di innocenza”, si ricorda nel testo, che può presentare una memoria difensiva e avvalersi di un procuratore. Nelle indagini, il metropolita può avvalersi anche di “persone qualificate”, tenute anch’esse ad “agire con imparzialità” e senza “conflitti di interessi”. Le indagini devono essere concluse entro il termine di novanta giorni: “in presenza di giusti motivi, il Metropolita può chiedere la proroga del termine al Dicastero competente”. “Qualora i fatti o le circostanze lo richiedano, il Metropolita propone al Dicastero competente l’adozione di provvedimenti o di misure cautelari appropriate nei confronti dell’indagato”, si legge nel Motu Proprio, che prevede anche l’istituzione di un “fondo destinato a sostenere i costi delle indagini”. Completata l’indagine, il Metropolita trasmette gli atti al Dicastero competente insieme al proprio “votum” sui risultati dell’indagine. Il Dicastero, a sua volta, può disporre un’indagine suppletiva. “Le presenti norme si applicano senza pregiudizio dei diritti e degli obblighi stabiliti in ogni luogo dalle leggi statali, particolarmente quelli riguardanti eventuali obblighi di segnalazione alle autorità civili competenti”, la disposizione finale del Motu Proprio, le cui norme sono approvate “ad experimentum” per un triennio.

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