LA SVOLTA DI BENEDETTO XVI NELL’ALLOCUZIONE ALLA ROTA ROMANA DEL 26 GENNAIO 2013

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Raffaele Coppola
Avvocato di Santa Sede, Curia Romana e del Tribunale della Rota Direttore del Centro di Ricerca “Renato Baccari”
Dipartimento di Giurisprudenza – Università di Bari “Aldo Moro”

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[ihc-hide-content ihc_mb_type=”show” ihc_mb_who=”5″ ihc_mb_template=”1″ ]Sommario:

  • 1. “Vero vicario del vero Dio”.
  • 2. Crisi della fede, sacramentalità e simulazione del consenso.
  • 3. Le fattispecie di esclusione del bene dei coniugi.

 

Sabato 26 gennaio ha avuto luogo in Vaticano l’inaugurazione dell’anno giudiziario del Tribunale apostolico della Rota Romana. Alle ore 9.30, nella Cappella Paolina, S. Em. Rev.ma il Signor Card. Tarcisio Bertone, Segretario di Stato di Sua Santità, ha presieduto la celebrazione della Santa Messa “de Spiritu Sancto”, introducendo al tema del rapporto fede-matrimonio, offerto dall’importante e innovativa allocuzione del Sommo Pontefice, segnatamente quando ha evidenziato, in apertura, il profilo pastorale della funzione del giudice ecclesiastico, il quale deve operare secondo equità e verità in un contesto, quale quello odierno, segnato dalla secolarizzazione, intesa nel senso d’indifferenza nei confronti della religione ovvero di aperta insofferenza per ogni richiamo ai superiori valori del Vangelo1.

E’ seguito il giuramento del nuovo Decano, S. E. Mons. Pio Vito Pinto, nonché quello dei Rev.mi Prelati Uditori, ricevuti dal Santo Padre prima dell’Udienza Pontificia, che ha avuto inizio alle 12,30, in ritardo rispetto al programma, presso la Sala Clementina.

Nell’indirizzo di saluto al Santo Padre, rivolgendosi a Lui quale “vero vicario del vero Dio” (secondo un antico insegnamento richiamato da Paolo VI2, che trova la sua espressione più netta nel pensiero di Innocenzo III3), Mons. Pinto ha affermato, fra l’altro, che l’ausilio della giurisprudenza rotale e l’esempio di una giustizia celere, sollecita “senza ritardi e libera, cioè senza prevenzioni di sorta, che si debba concludere affirmative onegative, unicamente ancorati alla verità fattuale illuminata e guidata dallo Spirito dev’essere d’ora in avanti il vostrovanto”4.

2. Si tratta di parole forti, che sembrano riprendere la famosa tesi del Sanchez sul modo corretto d’intendere il favor matrimonii5, alle quali sono seguite espressioni altrettanto forti di Benedetto XVI, che muovono da una visione realistica e obiettiva della relazione tra fede e matrimonio (di cui comune, in latino, è la radice linguistica), nel senso che l’attuale e perdurante crisi della fede, in un’epoca contrassegnata da un accentuato soggettivismo e relativismo etico-religioso, conduce ineluttabilmente ad una crisi, se non ad un vero e proprio stravolgimento del matrimonium in fieri e della società coniugale, con tutto il carico di sofferenza e di disagio che comporta pure per i figli.

Con riguardo al regime delle nullità matrimoniali i punti decisamente innovativi sono due. Uno, più cauto (nonostante l’enfasi degli organi d’informazione), riguarda la dignità sacramentale e la sua eventuale esclusione allorché, dopo aver citato il documento del 1977 della Commissione Teologica Internazionale e l’Allocuzione del 30 gennaio 2003 del beato Giovanni Paolo II (secondo cui occorre aver sempre riguardo della validità o meno sul piano naturale, nel quale è posto lo stesso segno sacramentale), Benedetto XVI asserisce che soprattutto nel contesto attuale, così deteriorato e quasi senza speranza, occorre promuovere ulteriori riflessioni circa tale problematica, nel senso probabilmente dell’insufficienza delle molteplici, discordanti elaborazioni dottrinali e giurisprudenziali fin qui avvicendatesi nel corso del tempo.

L’altro punto, più nitido, concerne l’elemento essenziale del bonum coniugum, inteso finora prevalentemente in relazione alle ipotesi di incapacità (can. 1095 CIC), ove si escluda, nell’ambito della giurisprudenza rotale, l’orientamento desumibile specialmente da alcune non recenti posizioni  di  un  illuminato  Collegio,  di  cui  fece parte lo stesso Decano6. Il Papa sostiene chiaramente, senza mezzi termini, che il bonum coniugum “assume rilevanza anche nell’ambito della simulazione del consenso”7.

Accogliendo le suggestioni di S. E. Mons. Pinto, formulate nel menzionato indirizzo di saluto, Benedetto XVI porta all’attenzione dei giudici ecclesiastici di tutto il mondo, prima dell’annuncio delle sue meditate dimissioni, l’importanza del calibrato rapporto fra momento formativo del vincolo e società coniugale, giacché “sarà l’indagine in facto ad accertare l’eventuale fondatezza di questo capo di nullità, prevalente o coesistente con un altro capo dei ‘tre’ beni agostiniani, la procreatività, l’esclusività e la perpetuità”8.

Il bene dei coniugi, nella visione di alcune correnti dottrinali avallate dall’insegnamento del Papa, consiste semplicemente nel “volere (sempre e comunque) il bene dell’altro”9in presenza di un autentico ed indissolubile consortium vitæ. Partendo dal binomio “fede e carità”, dal reciproco alimento che ne deriva nella vita comunitaria e (maggiormente) nella vita matrimoniale, Egli giunge alla conclusione che ben possono darsi dei casi in cui, proprio per l’assenza di fede (a prescindere dalle conseguenze verificabili sul piano dell’intenzione generale ed autenticamente sacramentale), il bene dei coniugi risulti gravemente compromesso fino ad essere escluso dal consenso stesso.

La dottrina e la giurisprudenza si erano fin qui orientate verso una dimensione per dir così “residuale”, mentre il bonum coniugum è piuttosto, allo stato della vigente disciplina, un concetto di chiusura del sistema di nullità canoniche riconducibili alla patologia del  consenso matrimoniale, in ispecie alla simulazione.

3. In quest’ottica Benedetto XVI individua, nell’allocuzione in oggetto, alcune ipotesi meritevoli di considerazione, senza peraltro suggerire “alcun facile automatismo fra carenza di fede e invalidità dell’unione matrimoniale”10.

Chi scrive aveva già segnalato, insieme con il Gherro11, il caso del diniego da parte di uno dei coniugi, a causa di un’errata concezione del vincolo nuziale (dovuta proprio ad un’assenza di prospettiva o ad un’indifferenza rispetto ai valori sopranaturali), del principio di pari dignità in matrimonio, che si traduce in pratica nel sovvertimento abituale del principio di parità dei coniugi12.

A quest’ipotesi il Santo Padre aggiunge quella del rigetto “dell’unione duale che contraddistingue il vincolo matrimoniale, in rapporto con la possibile coesistente esclusione della fedeltà e dell’uso della copula adempiuta humano modo13, che è cosa ben diversa dall’ipotesi di effettiva esclusione dell’amore coniugale (non di mera inesistenza della volontà di amare l’altro) o di negazione di quell’intimismo esclusivo che contraddistingue l’unione matrimoniale, benedetta dal Signore, ambedue non considerate, sebbene ventilate dalla medesimadottrina14.

Alla luce della recente allocuzione del Santo Padre potrebbe, infine, non ritenersi più un caso di scuola quello del coniuge, senza timor di Dio, che, allo scopo di realizzare una vendetta familiare o per differenti ragioni, abbia contratto matrimonio con la precisa intenzione di far soffrire l’altro, sino a giungere ad operarne, se non l’uccisione15, la demolizione sul piano fisico o psicologico, sovvertendo radicalmente il fondamentale precetto cristiano dell’amore, animato dalla fede (fides), nonché lo schema matrimoniale (foedus) accolto dalla Chiesa nel suo contenuto più intimo ed essenziale.

Giova sottolineare, in conclusione, che siamo di fronte ad un documento pontificio di grande spessore e significato, il quale intende evidenziare nell’anno della fede, con riferimento all’odierna e persistente aggravarsi della sua crisi, come il rifiuto della dimensione trascendente possa intimamente ferire i beni materiali e naturali del matrimonio, atteso che “la trascendenza è insita nell’essere stesso del matrimonio, già dal principio […]. Nell’essere “una sola carne” (Gn 2, 24), l’uomo e la donna, sia nel loro aiuto reciproco che nella loro fecondità, partecipano a qualcosa di sacro e di religioso”, come esattamente richiamava il beato Giovanni Paolo II nella già menzionata allocuzione del 200316, ricordando l’insegnamento nel medesimo senso del grande predecessore LeoneXIII17.

Nel portare al Santo Padre il saluto degli avvocati rotali, presenti ed assenti alla cerimonia, ho confermato nella Sala Clementina la mia fedeltà incondizionata al “vicario di Dio”, secondo la formulazione teologico-giuridica di Innocenzo III ripresa da S. E. Mons. Pinto nel suo indirizzo di saluto. Il Papa si è limitato a sorridere con il volto mesto. Ho detto alla prof.ssa Maria Pia Baccari, figlia del mio maestro, che quel sorriso mi ha gelato il cuore.

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BIBLIOGRAFIA

  1. BERTONE, La funzione giudiziale è parte della missione della Chiesa, in L’Osservatore Romano, 27 gennaio 2013, p.7.
  2. PAOLOVI, Discorso alla Sacra Rota Romana, 27 gennaio 1969, inwww.vatican.va.
  3. «… [C]um non humana sed divina fiat auctoritate quod in hac parte per Summum Pontificem adimpletur, qui non hominis puri, sed veri Dei verus Vicarius appellatur. Nam quamvis simus Apostolorum principis successores, non tamen ejus aut alicujus Apostoli vel hominis sed ipsius sumus Vicarii Jesu Christi. Unde quos Deus spirituali conjunctione ligavit, non homo, quia non Vicarius hominis, sed Deus, quia Dei Vicarius, separat, cum Episcopos a suis sedibus per eorum cessionem, depositionem et translationem aliquando removemus » (INNOCENTIUS III, 326, Faventin. Episcopo, Sacra docente Scriptura, 8 agosto 1198 (VI Id. Augusti), in Epistolarum Innocentii III. Romani Pontificis Libri Undecim., a cura di Stephanus Baluzius, Parisiis 1682, Tomus Primus, p. 181, col. 2; nonché in Regestorum Sive Epistolarum, I, a. 1198-1202, in PL 214, col. 292A). Si tratta di un concetto assai caro a  quell’insigne canonista e teologo che fu papa Lotario, che egli espresse non meno incisivament eanche altrove: «Christiani de Apostolico sentire non debent: qui licet peccatores simus, et nati de peccatoribus, illius tamen vices exercemus in terris qui peccatum non fecit, nec inventus est dolus in ore ejus, qui cum sit Dominus omnium, habens in vestimento et in femore suo scriptum Rex regum et Dominus dominantium in nobis honoratur, cum honoramur; et contemnitur, cum contemnimur …» (ID., Epist. 88, Rectoribus Tusciæ, Mirari cogimur, 16 aprile 1198 (XVI Kal. Maii.),inEpistularumInnocentiiIII,cit.,p.47,col.1,nonchéinRegestorumSiveEpistolarum,cit.,inPL214,col.75C); «… Non enim homo sed Deus separat quod Romanus pontifex, qui non puri hominis sed veri Dei vicem gerit in  terris, Ecclesiarum necessitate velutilitate pensata, non humana sed divina potius actoritate dissolvit.»(ID.,Epist. 335, Bambergen. Episcopo et Petro Scholastico Guntin., Quanto personam, 21 agosto 1198 (XII Kal. Septemb.), in Epistularum Innocentii III, cit., p. 191, col. 2, nonché in Regestorum Sive Epistolarum, cit., in PL 214, col. 306C- 307A).
  4. P.V. PINTO, Indirizzo di saluto al Santo Padre, inedito (Un servizio di libertà nella fedeltà al Papa, sintesi in L’Osservatore Romano, ibid.).
  5. «…irritum dissolvere ac validum tuere» (T. SANCHEZ, De sancto matrimonii sacramento, Venetiis, 1685, lib.7, disp. 100, n.14).
  6. Cfr. R.R.T. Sententia definitiva coram Ægidio Turnaturi (ponente), Mauritio Monier ac Pio Vito Pinto, die 13 mai 2004, in Periodica96 (2007), pp. 65-92 con nota di J. KOWAL, Breve annotazione sul bonum comiugum come capo di nullità, ibid., pp.59-64.
  7. BENEDETTO XVI, Allocuzione alla Rota Romana, in L’Osservatore Romano, cit, p.7. 8
  8. BENEDETTO XVI, ibid.
  9. R. COPPOLA, Principio di autonomia e correlazione tra le fattispecie di nullità del consenso matrimoniale in diritto canonico, in “Iustitia et Iudicium” – Studi di diritto matrimoniale e processuale canonico in onore di Antoni Stankiewicz, a cura di J. KOWAL e J. LLOBELL, 1, LEV, Città del Vaticano, 2010, p.424.
  10. BENEDETTO XVI, ibid.
  11. S. GHERRO, Diritto matrimoniale canonico. Lezioni, Cedam, Padova, 1985, p.224.
  12. R. COPPOLA, op. cit., p.425.
  13. BENEDETTO XVI, ibid.
  14. Cfr. S. GHERRO, op. cit., pp. 223-225; R. COPPOLA, op. cit., p. 424s.
  15. Cfr. A. C. JEMOLO, Il matrimonio nel diritto canonico, Giuffrè, Milano, 1941, p. 76; cfr., altresì, Tribunale ecclesiastico campano, Neapolitana, 24 febbraio 1975, in Il diritto ecclesiastico LXXXVII (1976, II), p. 90ss.
  16. GIOVANNI PAOLO II, Allocuzione alla Rota Romana, 30 gennaio 2003, invatican.va.
  17. LEONE XIII, Lett. Enc. Arcanum divinæ sapientiæ, 10 febbraio 1980, in Leonis XIII P. M. Acta, II, p.22